Due Zingari
Una giornata speciale, una giornata di piccole cose, per piccoli, grandi motivi.
Una passeggiata con la mia ragazza, felice di aver appena comprato il suo primo obiettivo, a Porta Portese, usato, vecchio.
Come il 50mm di mio padre con cui ho conosciuto la fotografia.
Mentre camminiamo, un cucciolo di bassotto, a spasso con i suoi nuovi padroni. Così dolce, così carino. Come non fargli due foto mentre al semaforo aspetta di attraversare, goffo e spaventato, le prime strade della sua vita?
"Poi devi fare una foto anche a lei!" esclama una voce fuori campo. Un uomo, col suo zaino, si accompagna ad una deliziosa bastardina, meno nobile del bassotto - questo è certo - ma elegante come Marlene Dietrich, con un foulard al collo. Quell'uomo è Mario, con la sua cagnetta, di cui - ci tiene a precisarlo - non è il padrone, ma il "responsabile".
Perchè lei non è SUA, è con lui.
Mario è un fotoreporter freelance, che è mancato dall'Italia per trent'anni. Ha vissuto in mezza Europa, ad Amsterdam, in Norvegia, in Germania...praticamente ovunque.
Uno Zingaro d'altri tempi.
Parla otto lingue, dice. Ma bene solamente sei. Imparate soprattutto per strada, dove talvolta Ha vissuto. Da cui una giovane italiana, Daniela, l'ha portato via, l'ha salvato, per riportarlo in Italia. Dove adesso si trova. Pronto, come una piuma, a spiccare il volo al primo alito di vento.
Si parla di fotografia, ovviamente "analogica", quella che si faceva e che pochi temerari amatori ancora fanno con la pellicola, con la camera oscura, con il cuore.
Quella che la digitalizzazione sta trasformando in una lenta eutanasia dell'arte.
Secondo Mario, la foto a pellicola è un insieme di fattori unici (luce, temperatura, umidità, stato d'animo di chi scatta...), che mai si ripeteranno e che rendono ogni fotogramma un istante catturato nella storia del mondo, nella storia di ciascuno di noi. Lui lo chiama il "Carpe diem". Che fa tanto Setta dei Poeti Estinti, che fa tanto Professor Keating...
E dentro di me cresce a dismisura la voglia di salire sul parapetto del ponte e urlare:"Capitano, mio Capitano!!"
Punto di vista affascinante il suo, senza dubbio.
Talmente affascinante da costringermi a tirare fuori dallo zaino la mia Yashica...una vecchia reflex a pozzetto che ultimamente, forse stanco delle fredde schede di memoria, ho deciso di ricominciare ad utilizzare.
I suoi occhi brillano.
Si continua a parlare. Politica, vita di tutti i giorni, si parla di noi.
Si parla con un estraneo, che poi tanto estraneo non sembra.
Dal di fuori forse io e la mia ragazza sembravamo due turisti fermati da un senzatetto alla ricerca di qualche spiccio, dal di dentro eravamo due uomini, uno più esperto e vissuto, l'altro meno ma con tanta grinta e curiosità addosso, che si confrontavano, raccontavano, aprivano l'un l'altro, mentre una neo-reporter, con il suo obiettivo nuovo, raccontava con le sue immagini quei bellissimi momenti.
Si fa tardi, dobbiamo andare. Dopo aver detto una decina di volte ciascuno "ti dico questo e ti lascio andare", ci accorgiamo che e ora di separarci. E ci dispiace.
Veramente.
Mario ci lascia il suo biglietto da visita. Ci salutiamo, ci sentiremo. Tre o quattro strette di mano e le nostre strade si separano.
Andando via parlo con la mia compagna di viaggio dello sguardo appena incrociato e di quanto la sua storia somigli a quella di qualcuno a me caro, che mi ha dato lo spunto per trovare un muretto su cui sedermi, per esprimere i miei pensieri, per incontrare dei passanti, per incontrare degli amici.
Dentro di me però il pensiero è un altro.
Penso a quanto quello sguardo mi sembrasse familiare, quanto in comune avessi con quell'uomo, quanto alla fine, forse, sia assurdo affannarsi a cercare di ottenere degli status, degli oggetti, delle sicurezze....quando girando per il mondo, con una macchina fotografica in mano, magari dormendo per strada, si possano imparare otto lingue, vedere posti indimenticabili, conoscere la storia, la politica, le culture, le persone. E non da internet, da linkedin, flickr o social network vari ed eventuali, finalizzati solamente a mettere insieme tante solitudini, di persone che non passeggiano più in strada, non si fermano più a chiacchierare con gli estranei.
Certo è che stando le cose così come stanno, nonostante una piacevole chiacchierata, bagnati da uno splendido sole romano, io e Mario siamo diversi sotto tanti aspetti.
Questo è certo.
Ma è poi così certo?
Ciao Mario, grazie della chiacchierata e a presto.